Nel mio post precedente ho scritto di un "se" di troppo.
Chi è nelle condizioni di mio padre sa che per essere messo in lista per un trapianto deve sempre presentare file e file di esami aggiornati di tutti i tipi. Tra questi l'arteriografia, esame a noi sconosciuto fino a quel periodo. Si trattava di sondare le arterie di cuore e dintorni.
Ricordo che andai in ospedale a sostenere mia madre che aspettava mio padre in sala d'aspetto, era inverno e fuori era già buio. Quando arrivai, aveva il viso teso e le luci impietose le conferivano un aria spettrale. Mi disse semplicemente che durante l'esame i medici avevano trovato più vasi coronarici "intappati" e che avrebbero dovuto eseguire una coronarografia per applicare degli "stent", reticelle metalliche che tengono i vasi aperti.
L'intervento andò bene, vennero collocati due stent.
Tralasciando il fatto che in seguito a questi interventi si viene "estromessi"dalle liste dei trapianti per almeno sei mesi, fonte questa di una notevole tensione in casa mia, inaugurammo l'anno nuovo ancora in cardiologia.
Mio padre aveva iniziato a soffrire di strani doloretti di tipo costritivo a livello del cuore della durata di cinue minuti. A volte passavano con una compressina sublinguale, altre perduravano. Impossibile riuscire a portarlo all'ospedale o chiamare il 118, si veniva presi a male parole, addirittura minacciati. Nell'anno che seguì tuttavia, mio padre stette male per bene tre volte, una delle quali a causa della chiusura di uno dei primi stent. Gli vennero fatte altre due coronarografie, più una richiesta dal coordinatore trapianti locale.
Fu proprio in seguito a questa che la dottoressa che eseguiva tale intervento ci disse che se mai mio padre avesse dovuto sentirsi ancora male a quel livello non ci sarebbe stato altro da fare che un by-pass.
Vi lascio riflettere su come la prese mio padre.
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