Insomma il 2008 è stato all'insegna delle coronarie e di tutti gli esami e i controlli che ne sono seguiti.
E' stato anche l'anno delle mie vacanze (di solito faccio un viaggio ogni due anni per ritemprarmi, a capodanno con la mia amica)che si sono svolte a Yosemite e San Francisco.
Vi domanderete cosa centri la mia vacanza in un blog che parla di "disgrazie in campo medico"...beh,voi ci credete ai segni premonitori?
Io si.
E quando uno il primo giorno dell'anno nuovo, in vacanza, litiga con l'amica per una stupidaggine come un piatto etnico e conclude la vacanza in bagno per via di un virus intestinale fulminante, credetemi...non prelude a niente di buono.
Intanto, a gennaio mio padre tornò a Bologna per la visita di re-inserimento in lista dato che erano ormai passati almeno sei mesi dall'ultimo episodio coronarico e tutto era andato bene. A parte una moderata obesità (anche se il chirurgo lo appellò poco scherzosamente "portaerei")gli chiesero un nuovo e definitivo esame di controllo (scintigrafia cardiaca)e gli dissero che davano il nullaosta al reinserimento.
In contemporanea, ci eravamo mossi anche su un altro fronte: Firenze. Dato ormai perso Treviso e avendo scoperto che il figlio di una cugina di mio padre lavorava all'ospedale di Firenze proprio nell'ambito dei trapianti, decidemmo di provare anche quella strada.
Ci mettemmo in contatto con lui e iniziammo a raccogliere tutti i documenti necessari da presentare. La presenza di un parente ci dava una speranza e anche una marcia in più.
Mai fare i conti senza l'oste però...
giovedì 19 novembre 2009
lunedì 16 novembre 2009
Parliamo di quel "se"
Nel mio post precedente ho scritto di un "se" di troppo.
Chi è nelle condizioni di mio padre sa che per essere messo in lista per un trapianto deve sempre presentare file e file di esami aggiornati di tutti i tipi. Tra questi l'arteriografia, esame a noi sconosciuto fino a quel periodo. Si trattava di sondare le arterie di cuore e dintorni.
Ricordo che andai in ospedale a sostenere mia madre che aspettava mio padre in sala d'aspetto, era inverno e fuori era già buio. Quando arrivai, aveva il viso teso e le luci impietose le conferivano un aria spettrale. Mi disse semplicemente che durante l'esame i medici avevano trovato più vasi coronarici "intappati" e che avrebbero dovuto eseguire una coronarografia per applicare degli "stent", reticelle metalliche che tengono i vasi aperti.
L'intervento andò bene, vennero collocati due stent.
Tralasciando il fatto che in seguito a questi interventi si viene "estromessi"dalle liste dei trapianti per almeno sei mesi, fonte questa di una notevole tensione in casa mia, inaugurammo l'anno nuovo ancora in cardiologia.
Mio padre aveva iniziato a soffrire di strani doloretti di tipo costritivo a livello del cuore della durata di cinue minuti. A volte passavano con una compressina sublinguale, altre perduravano. Impossibile riuscire a portarlo all'ospedale o chiamare il 118, si veniva presi a male parole, addirittura minacciati. Nell'anno che seguì tuttavia, mio padre stette male per bene tre volte, una delle quali a causa della chiusura di uno dei primi stent. Gli vennero fatte altre due coronarografie, più una richiesta dal coordinatore trapianti locale.
Fu proprio in seguito a questa che la dottoressa che eseguiva tale intervento ci disse che se mai mio padre avesse dovuto sentirsi ancora male a quel livello non ci sarebbe stato altro da fare che un by-pass.
Vi lascio riflettere su come la prese mio padre.
Chi è nelle condizioni di mio padre sa che per essere messo in lista per un trapianto deve sempre presentare file e file di esami aggiornati di tutti i tipi. Tra questi l'arteriografia, esame a noi sconosciuto fino a quel periodo. Si trattava di sondare le arterie di cuore e dintorni.
Ricordo che andai in ospedale a sostenere mia madre che aspettava mio padre in sala d'aspetto, era inverno e fuori era già buio. Quando arrivai, aveva il viso teso e le luci impietose le conferivano un aria spettrale. Mi disse semplicemente che durante l'esame i medici avevano trovato più vasi coronarici "intappati" e che avrebbero dovuto eseguire una coronarografia per applicare degli "stent", reticelle metalliche che tengono i vasi aperti.
L'intervento andò bene, vennero collocati due stent.
Tralasciando il fatto che in seguito a questi interventi si viene "estromessi"dalle liste dei trapianti per almeno sei mesi, fonte questa di una notevole tensione in casa mia, inaugurammo l'anno nuovo ancora in cardiologia.
Mio padre aveva iniziato a soffrire di strani doloretti di tipo costritivo a livello del cuore della durata di cinue minuti. A volte passavano con una compressina sublinguale, altre perduravano. Impossibile riuscire a portarlo all'ospedale o chiamare il 118, si veniva presi a male parole, addirittura minacciati. Nell'anno che seguì tuttavia, mio padre stette male per bene tre volte, una delle quali a causa della chiusura di uno dei primi stent. Gli vennero fatte altre due coronarografie, più una richiesta dal coordinatore trapianti locale.
Fu proprio in seguito a questa che la dottoressa che eseguiva tale intervento ci disse che se mai mio padre avesse dovuto sentirsi ancora male a quel livello non ci sarebbe stato altro da fare che un by-pass.
Vi lascio riflettere su come la prese mio padre.
domenica 15 novembre 2009
Avanti e indietro
Le prime dialisi furono somministrate con doppia cadenza settimanale ma quasi subito i medici videro che non erano sufficienti e quindi mio padre dovette sottostare anche alla terza seduta. Mia madre lo accompagnava e tornava a riprenderlo dopo circa 5 ore, ritrovandolo semi distrutto. Per un ex-atleta che aveva fatto arredamenti come lavoro (quindi abituato alla forza fisica) di certo essere debilitato dalla dialisi non era "onorevole".
Mio padre tornava a casa letteralmente a pezzi a livello fisico, spesso passava il resto del tempo a dormire o a lamentarsi del perchè gli fosse capitata quella cosa. Non ragionava mai che poteva e doveva cercare di apportare qualche accortezza in più per gestire meglio la situazione, per lui era solo una condanna e l'unico modo di viverla era farla pesare a tutti.
Ci mise un pò ad adattarsi a livello fisico ma ci riuscì e ben presto iniziò ad andare da solo.
Nel frattempo i centri di trapianto da lui scelti (Bologna e Treviso)lo mandarono a chiamare per le visite preparatorie. A Treviso fu subito chiaro che i tempi per un rene sarebbero stati biblici in quanto (giustamente penso)chiarirono subito che i favoriti erano in primis gli appartenenti alla regione. A Bologna parlarono di una media di un anno e mezzo se tutto andava bene.
C'era un "se" di troppo.
Mio padre tornava a casa letteralmente a pezzi a livello fisico, spesso passava il resto del tempo a dormire o a lamentarsi del perchè gli fosse capitata quella cosa. Non ragionava mai che poteva e doveva cercare di apportare qualche accortezza in più per gestire meglio la situazione, per lui era solo una condanna e l'unico modo di viverla era farla pesare a tutti.
Ci mise un pò ad adattarsi a livello fisico ma ci riuscì e ben presto iniziò ad andare da solo.
Nel frattempo i centri di trapianto da lui scelti (Bologna e Treviso)lo mandarono a chiamare per le visite preparatorie. A Treviso fu subito chiaro che i tempi per un rene sarebbero stati biblici in quanto (giustamente penso)chiarirono subito che i favoriti erano in primis gli appartenenti alla regione. A Bologna parlarono di una media di un anno e mezzo se tutto andava bene.
C'era un "se" di troppo.
venerdì 13 novembre 2009
Reazioni
Ricordo che mia madre fu molto telegrafica nel comunicarmi che mio padre avrebbe avuto bisogno del trapianto...diretta e asciutta come chi ti parla di un'influenza qualsiasi.
Io ovviamente iniziai a piangere, forse più per reazione a quella sua apparente freddezza che per la notizia in sé anche se più tardi, al telefono con la mia amica, mi resi conto che mi sentivo quasi disperata.
Perchè poi dato che non ero io quella legata al sottile filo dei trapianti...
Non posso dire che l'inizio fu duro perchè in realtà ci gettammo tutti a capofitto nella trafila di cose da fare, esami da richiedere, visite da fare e ricordo con sconcerto la dieta che mio padre portò a casa dopo l'ultima visita dal nefrologo. La dietologa dell'ospedale gliene aveva stilata una "su misura" per dimagrire ma non certo tenendo conto della patologia.
Contemplava infatti molti alimenti considerati ad alto livello di potassio e inoltre,c'era da tenere conto delle proteine. Meno proteine mangiava mio padre e meglio era.
Iniziammo a cercare fonti scritte per avere dei riscontri e non sbagliare dosi ma la cosa si rivelò piuttosto ardua...forse sarà capitato anche a voi: un reparto consegna un opuscolo che contiene dei valori considerati alti o altissimi, un altro reparto invece ti dice che quei valori sono normali, un altro che non sono valori da tenere in conto.
Si dice che la verità stia in mezzo ma in questo caso anche il mezzo può essere deleterio.
Mio padre non iniziò subito con la dialisi, i dottori concordarono nel cercare di fargli tenere bassi i valori sballati con l'alimentazione e i medicinali. Andammo avanti quasi un anno, poi come predetto dai nefrologi, mio padre iniziò a vomitare ad ogni piè sospinto.
Era arrivato il momento.
Io ovviamente iniziai a piangere, forse più per reazione a quella sua apparente freddezza che per la notizia in sé anche se più tardi, al telefono con la mia amica, mi resi conto che mi sentivo quasi disperata.
Perchè poi dato che non ero io quella legata al sottile filo dei trapianti...
Non posso dire che l'inizio fu duro perchè in realtà ci gettammo tutti a capofitto nella trafila di cose da fare, esami da richiedere, visite da fare e ricordo con sconcerto la dieta che mio padre portò a casa dopo l'ultima visita dal nefrologo. La dietologa dell'ospedale gliene aveva stilata una "su misura" per dimagrire ma non certo tenendo conto della patologia.
Contemplava infatti molti alimenti considerati ad alto livello di potassio e inoltre,c'era da tenere conto delle proteine. Meno proteine mangiava mio padre e meglio era.
Iniziammo a cercare fonti scritte per avere dei riscontri e non sbagliare dosi ma la cosa si rivelò piuttosto ardua...forse sarà capitato anche a voi: un reparto consegna un opuscolo che contiene dei valori considerati alti o altissimi, un altro reparto invece ti dice che quei valori sono normali, un altro che non sono valori da tenere in conto.
Si dice che la verità stia in mezzo ma in questo caso anche il mezzo può essere deleterio.
Mio padre non iniziò subito con la dialisi, i dottori concordarono nel cercare di fargli tenere bassi i valori sballati con l'alimentazione e i medicinali. Andammo avanti quasi un anno, poi come predetto dai nefrologi, mio padre iniziò a vomitare ad ogni piè sospinto.
Era arrivato il momento.
giovedì 12 novembre 2009
Settembre 2004
E' il periodo in cui le nostre vite hanno preso la curva sbagliata, capottando definitivamente.
Mio padre iniziò ad accusare degli strani dolori alla vita, che come una sorta di cintura rotante si spostavano dalla schiena alla pancia. Dopo un giorno di lamenti fissi mia madre, infermiera professionale in una clinica privata della nostra città, lo portò dai dottori di sua conoscenza.
I pareri furono discordanti...il chirurgo affermò che c'era una massa sospetta e bisognava aprire subito, il medico generico che poteva essere un problema nevralgico dato da qualche movimento inconsulto. Poi arrivò il cardiologo, un anziano professore rispettato e temuto da tutti nell'ambiente, che senza troppo clamore ipotizzò un problema renale, e con un ecografo portatile scoprì la verità: reni policistici.
Averne uno solo pieno di cisti di dimensioni medio-grandi già costituisce una bella seccatura...figuriamoci entrambi. Mancando la nefrologia nella clinica privata, il cardiologo indirizzò mio padre all'ospedale facendogli il nome del primario di reparto e assicurandogli che quella era una delle "poche unità funzionali" che lavorava bene da noi.
E quindi iniziò il calvario delle visite presso la sanità pubblica.
Mio padre iniziò ad accusare degli strani dolori alla vita, che come una sorta di cintura rotante si spostavano dalla schiena alla pancia. Dopo un giorno di lamenti fissi mia madre, infermiera professionale in una clinica privata della nostra città, lo portò dai dottori di sua conoscenza.
I pareri furono discordanti...il chirurgo affermò che c'era una massa sospetta e bisognava aprire subito, il medico generico che poteva essere un problema nevralgico dato da qualche movimento inconsulto. Poi arrivò il cardiologo, un anziano professore rispettato e temuto da tutti nell'ambiente, che senza troppo clamore ipotizzò un problema renale, e con un ecografo portatile scoprì la verità: reni policistici.
Averne uno solo pieno di cisti di dimensioni medio-grandi già costituisce una bella seccatura...figuriamoci entrambi. Mancando la nefrologia nella clinica privata, il cardiologo indirizzò mio padre all'ospedale facendogli il nome del primario di reparto e assicurandogli che quella era una delle "poche unità funzionali" che lavorava bene da noi.
E quindi iniziò il calvario delle visite presso la sanità pubblica.
mercoledì 11 novembre 2009
Chi è chi
Il paziente in questione è mio padre, un uomo che dall'esterno tutto sembra fuorchè malato a questo livello.
Si presenta come un omone di un metro e ottanta, capelli appena brizzolati, folte sopracciglia -tratto che ha sempre caratterizzato il suo ramo della famiglia-un bel doppiomento, una certa prominenza a livello dello stomaco e spalle larghe. Insomma, non certo un tipino rachitico...da giovane giocava a pallanuoto e a basket anche se poi, una volta sposato, ha pensato bene che non gli servisse più praticare un qualsiasi sport che non comportasse lo stare seduto a un tavolo ( al massimo in piedi dietro un biliardo); inoltre ha messo su con mia madre i chili della gravidanza, solo che a differenza di lei, se li è tenuti con gli interessi!
Ventisei anni fa ha smesso di fumare, cosa del quale è sempre andato fiero, e questo lo ha fatto ingrassare un pò di più anche se ha aiutato la sua capacità polmonare.
Quando gli è stata diagnosticata la malattia ai reni pesava 108 kg, oggi ne pesa circa 86 ma tutti continuando a dirgli che è sovrappeso, anche obeso ( se certa gente parlasse con cognizione di causa invece che riportare solo frasi fatte...)solo perchè ha "stomaco". A vederlo senza vestiti ha due gambine stile Biafra, tracce di quelli che erano bei muscoloni delle braccia (ora pelle flaccida più che altro)e disteso gli si contano le costole. Ma questo ovviamente non conta, come non conta il fatto che spesso pesa di più per via dei liquidi che riesce ad espellere solo in dialisi.
Già, mio padre è in dialisi da cinque anni ormai.
Cinque anni di passione.
Si presenta come un omone di un metro e ottanta, capelli appena brizzolati, folte sopracciglia -tratto che ha sempre caratterizzato il suo ramo della famiglia-un bel doppiomento, una certa prominenza a livello dello stomaco e spalle larghe. Insomma, non certo un tipino rachitico...da giovane giocava a pallanuoto e a basket anche se poi, una volta sposato, ha pensato bene che non gli servisse più praticare un qualsiasi sport che non comportasse lo stare seduto a un tavolo ( al massimo in piedi dietro un biliardo); inoltre ha messo su con mia madre i chili della gravidanza, solo che a differenza di lei, se li è tenuti con gli interessi!
Ventisei anni fa ha smesso di fumare, cosa del quale è sempre andato fiero, e questo lo ha fatto ingrassare un pò di più anche se ha aiutato la sua capacità polmonare.
Quando gli è stata diagnosticata la malattia ai reni pesava 108 kg, oggi ne pesa circa 86 ma tutti continuando a dirgli che è sovrappeso, anche obeso ( se certa gente parlasse con cognizione di causa invece che riportare solo frasi fatte...)solo perchè ha "stomaco". A vederlo senza vestiti ha due gambine stile Biafra, tracce di quelli che erano bei muscoloni delle braccia (ora pelle flaccida più che altro)e disteso gli si contano le costole. Ma questo ovviamente non conta, come non conta il fatto che spesso pesa di più per via dei liquidi che riesce ad espellere solo in dialisi.
Già, mio padre è in dialisi da cinque anni ormai.
Cinque anni di passione.
martedì 10 novembre 2009
Iniziamo
Beh,
che dire. Innanzitutto che mi sento un pò stupida a tentare di tenere un blog su un argomento come questo. Potevo parlare di moda, di cinema, di piante e fiori e invece ho scelto una cosa pesante come un trapianto di rene.
Non sono un medico, sia chiaro e neanche un paziente...la mia condizione è forse la peggiore. Sono quella che assiste il malato, quella che cerca di aiutarlo (spesso inutilmente), che si becca gli insulti salvo poi correre al primo fischio, quella che gioisce quando vede progressi anche minuscoli e il giorno dopo piange di nascosto perchè si ricorda com'era la persona che assiste prima che la malattia la cambiasse.
Per questo scrivo, per parlare di come ci si sente quando si percorre la strada (legale) alla ricerca di un organo, per condividere emozioni, bisogni e cambiamenti di chi ci si trova dentro.
Siate i benvenuti voi che leggete (se ci siete), replicate come desiderate ma vi prego...senza cattiveria, per quest'anno, come vi dirò in seguito, ho fatto il pieno!!
che dire. Innanzitutto che mi sento un pò stupida a tentare di tenere un blog su un argomento come questo. Potevo parlare di moda, di cinema, di piante e fiori e invece ho scelto una cosa pesante come un trapianto di rene.
Non sono un medico, sia chiaro e neanche un paziente...la mia condizione è forse la peggiore. Sono quella che assiste il malato, quella che cerca di aiutarlo (spesso inutilmente), che si becca gli insulti salvo poi correre al primo fischio, quella che gioisce quando vede progressi anche minuscoli e il giorno dopo piange di nascosto perchè si ricorda com'era la persona che assiste prima che la malattia la cambiasse.
Per questo scrivo, per parlare di come ci si sente quando si percorre la strada (legale) alla ricerca di un organo, per condividere emozioni, bisogni e cambiamenti di chi ci si trova dentro.
Siate i benvenuti voi che leggete (se ci siete), replicate come desiderate ma vi prego...senza cattiveria, per quest'anno, come vi dirò in seguito, ho fatto il pieno!!
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